Electrocution
Inside the unreal
Il suolo italico in passato non è stato mai molto fertile per la nascita del puro death metal. Gli anni 80 e 90 segnarono, dal punto di vista strettamente estremo, lo “spopolare” del thrash e del black metal con band seminali come Bulldozer, Necrodeath, Schizo, Mortury Drape, Necromass e poche altre realtà d’allora delle quali si persero le notizie nelle nebbie del tempo. Diciamo che una sorta di aura occulta ammantava le realtà più estreme del nostro Paese ma pochi colsero le correnti provenienti da oltreoceano, quelle californiane o floridiane in particolare.
Deicide, Death, Suffocation, Morbid Angel ed Obituary facevano il bello e cattivo tempo e, se nel resto d’Europa i seguiti erano ben visibili, l’Italia rimase sempre leggermente da parte. Tra le poche realtà che si fecero a fatica notare, possiamo citare gli Undertakers da Napoli (anno di formazione, 1991), i laziali Angel Death (formatisi addirittura nel 1984 ma capaci di pubblicare solamente un paio di demo e due singoli) o gli Excidium da Termoli. Tali band, presto divenute cult perché pecore nere nella scena, non arrivarono mai alla pubblicazione di un long-playing (gli Undertakers ce la fecero solamente nel 1996 con Suffering Within).
Tuttavia, tra le succitate “pecore nere”, ce ne fu una che si distinse ulteriormente perché capace di diventare una realtà sulla bocca di tutti deathsters italiani ed internazionali; il suo nome era Electrocution.
Di origine bolognese, il quartetto nacque nel 1990 e dopo un susseguirsi di cambi di formazione e la pubblicazione di ben tre demotapes (No Rest in Peace, Real Doom e Remains), si vide offrire una chance dalla Contempo, arrivando alla pubblicazione di quello che ancora oggi rappresenta uno dei capisaldi del metal estremo italiano ed europeo, Inside the Unreal.
Correva l’anno 1993 e per la band il compito non era affatto facile. Un’intensa attività live ed una buona promozione del lavoro aiutarono il quartetto nel diffondere il verbo del death metal ma sovente la loro proposta venne tacciata di scarsa personalità. Critiche portate da un ascolto sommario, focalizzato nello stroncare qualsiasi cosa si potesse anche un minimo ispirarsi alla corrente U.S.A.
Pochi colsero la vera potenza che risiedeva tra i solchi di quest’album – manifesto della più bieca brutalità, sempre filtrata tramite una tecnica eccelsa.
Dopo vent’anni dall’uscita, il disco è oramai di scarsa reperibilità ed in soccorso ci viene la ristampa da parte della nostrana GoreGorecords a voler proprio celebrare quest’importante ricorrenza. Quindi, quale migliore occasione per gustarci un bel disco di puro, genuino death metal?
Inside the Unreal (20th Anniversary) si fregia di suoni ripuliti e rifiniti al fine di una resa sonora maggiore per un disco di dieci tracce che supera appena i trentacinque minuti di durata. L’inizio ingloba già una quantità di marciume ed oscurità notevole con Premature Burial, traccia dall’incedere alquanto veloce grazie a riffs taglienti ed up tempo ferali a fornire un tappeto ottimale per il growl profondo e sofferto di Mick. I rallentamenti non sono numerosi ma la loro presenza offre un ottimo apporto di groove grazie a fraseggi che in qualche modo richiamano sempre gli Slayer, vera base del metal estremo in generale. Si prosegue con le iniziali atmosfere catacombali di Rising of Infection, traccia che a più riprese rimanda agli olandesi Pestilence grazie al costante apporto di influenze thrash nel riffing asciutto delle chitarre. I ritmi sono abbastanza elevati ma non mancano alcune partiture maggiormente tecniche a spezzare l’andatura.
Proprio queste sezioni, a tratti sinfoniche, forniscono una base ottima per l’atmosfera del disco, a mio modesto parere. Le partiture rallentate in They Died Without Crosses lasciano intravedere una chiara reverenza per gli Obituary anche se non mancano momenti impulsivi con il solismo furioso delle sei corde a trapanarci i timpani.
L’inizio doom di Growing into the Flesh (Bleed to Death) non deve trarre in inganno giacché le furiose accelerazioni sono giusto dietro l’angolo, accompagnate da numerosi cambi di tempo dal livello tecnico veramente notevole. I giri di basso, i controtempi e gli improvvisi up tempo vengono sapientemente miscelati ed ottimamente eseguiti al fine di ottenere una delle migliori tracce su disco, con nulla da invidiare alle tante blasonate realtà d’allora. Il groove delle chitarre ritorna in dosi massicce nelle successiva Body's Decay, traccia dall’animo leggermente prog-death in fase solista delle chitarre ma anche fortemente votata al tremolo delle chitarre in fase ritmica al fine di inondarci di violenza e marciume come dev’essere.
I tempi d’esecuzione si velocizzano notevolmente con la prima parte della successiva Ghost of the Past, composizione che nel suo cuore cela alcuni momenti veramente oscuri e dal groove marcato che a sorpresa richiamano i Necrodeath pre-1990. Under the Wings Only Remains mostra la sua parte migliore durante le partiture doom e in concomitanza con i fraseggi da parte delle chitarre che si distendono sui tempi medi, tra numerose accelerazioni che aggiungono violenza ad un disco infernale.
In men che non si dica, arriviamo all’ottava traccia, una breve ma ottima Back to the Leprosy Death, la quale mostra una buona varietà di strutture, oltre ad un solismo veramente penetrante. Behind the Truth non perde tempo e si lancia immediatamente in una lunga serie di uptempo da alternare a partiture che trasudano di thrash metal a dare un tocco veramente arrembante e deciso. Luca dietro alle pelli non bada molto alla forma ma dedica anima e corpo nel creare un muro sonoro degno di nota, adatto a supportare la quantità mostruosa di note macinate dalle due asce.
La finale Bells of the End mostra un inizio veramente notevole grazie a tempi medi di facile assimilazione alternati a fucilate immani in una continua marcia verso al distruzione. Non c’è sosta per gli strumenti in questo continuo massacrare che termina con alcune note di piano, ponendo fine a questo viaggio nel “surreale” che ha marchiato indelebilmente il suolo italiano degli anni 90.
Non possiamo, ancora una volta, non fare le congratulazioni alla Goregorecords per l’opera di riesumo di un disco che rischiava a torto il dimenticatoio. Successivamente ad Inside the Unreal, gli Electrocution si sarebbero dilettati in una forma meno diretta di prog-death, percorso forse naturale vista la preparazione tecnica della band e gli accenni che già si facevano notare su questo disco.
Fatto sta che le critiche mosse al momento dell’uscita del disco, principalmente per mancanza di personalità, sono da mettere da parte una volta per tutte. La band mostrò di essere potente, tecnica e personale al punto giusto per pubblicare un lavoro così importante per l’Italia del metal estremo ed ora grazie a questa ristampa, non avete più scuse per non conoscerlo.
Electrocution
Inside the unreal
Género: Death metal
Canciones:
- 1) Premature Burial (03:46)
- 2) Rising of Infection (03:31)
- 3) They Died Without Crosses (04:14)
- 4) Growing into the Flesh (Bleed to Death) (03:26)
- 5) Body's Decay (03:24)
- 6) Ghost of the Past (05:37)
- 7) Under the Wings Only Remains (04:00)
- 8) Back to the Leprosy Death (02:18)
- 9) Behind the Truth (03:29)
- 10) Bells of the End
Notas
Ristampato da Goregorecords nel 2012
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Max Canali: BassLuca Canali: Drums
Alex Guadagnoli: Guitars
Mick Montaguti: Vocals, Guitars