Delia Gualtiero
Delia Gualtiero
Personaggio atipico e non classificabile nella variopinta giungla delle sette note. Non una meteora, né un’incompresa del paesaggio del music business, neppure schiva per vocazione o per posa che dir si voglia. Delia Gualtiero ha avuto sempre e solo la pretesa, se di pretesa si può parlare, di essere non personaggio, ma semplicemente persona.
Se c’è una cosa che nella modernità tende a svaporare è questa. L’esigenza semplice e profonda di essere persona, permanere e crescere come tale, come concentrato inconfondibile di istanze, di grandi movimenti e sommovimenti del cuore che la identifica come unica e irripetibile esperienza qualsiasi sia la sua vocazione, il suo lavoro. Un qualcosa che si svela nel modo di vivere, di amare, crescere figli e persino cucinare, gustare il cibo, scrivere, soffrire, imprecare e pregare.
In questo senso Delia Gualtiero, vicentina di Malo, cantante e – nel tempo – pure autrice delle proprie canzoni, ha rappresentato e rappresenta un’autentica e personalissima rivoluzione nel panorama schizofrenico e volubile della musica italiana e, in questo solco, vale la pena di spendere ben più di qualche pensiero e osservazione sulla sua opera per una retrospettiva che rappresenti, più che un esercizio di stile, un punto di partenza per riavvicinare, a distanza di anni, sguardi e animi curiosi alla sua breve ma intensa produzione.
Dotata di una pastosità vocale unica, autorevole e squillante sulle alte frequenze e di un composto denso e soave sulle tonalità medie e gravi, ha modo di proporsi all’attenzione dei media con un vero e proprio esordio su lungometraggio sonoro solo nel 1982 alla soglia dei trent’anni e dopo essere stata per lungo tempo e per tutti gli anni settanta, artista confinata nel mordi e fuggi, molto in voga in quella decade, di effimere apparizioni su singolo.
Già riconoscibile in quel suo primo proporsi, per quanto sospesa tra suggestivi agganci a referenti quali Mina e Pravo, la Gualtiero definisce e conia una fisicità nuova, vivace e brillante nel panorama musicale nazionale di quel primo scorcio di anni ottanta.
Progetto nato attorno a un team di autori, musicisti e produttori con un battesimo di fuoco presieduto da Lucio Dalla, Ron, Dodi Battaglia, Roby Facchinetti, dal binomio degli ottimi compositori/arrangiatori Marco Tansini e Diego Michelon a fungere da fulcro creativo del progetto, dai testi di Ambrogio Lo Giudice e da Red Canzian in fase di produzione, ne nasce una bella opera prima come un sapiente collage delle varie istanze ispirative in esso confluite.
Da un lato i succitati ospiti di lusso a fornire gli apporti più disparati e pregiati interventi d’autore, dall’altro il tandem emergente a dividere le sinergie negli arrangiamenti e nella composizione con Tansini alle chitarre e Michelon a pianoforte e tastiere. Quest’ultimo – come si vedrà nei futuri capitoli della retrospettiva – finirà per rivelarsi l’autentico alter-ego musicale che accompagnerà l’intero corso della vita artistica della Gualtiero che qui tra l’altro si affaccia in prime e fugaci prove tecniche di scrittura in veste di coautrice.
Il codice genetico musicale affonda le radici, molto più della media degli artisti italiani e lei contemporanei, nella compattezza sonora e nella risoluta e schietta immediatezza di certo FM-rock americano e delle sue più raffinate tendenze riconducibili a sigle importanti quali Toto, Jefferson Starship, Reo Speedwagon, Boston, Chicago e Foreigner opportunamente filtrati in esperienze di ensemble a guida prettamente femminile come i Motels di Martha Davis e i Quarterflash di Rindy Ross.
L’abilità e l’arte del binomio Tansini/Michelon è quella di riplasmare in una forma inedita e stimolante queste tendenze con il prezioso rivestimento di soffici e appassionati toni mediterranei, melodia tradizionale e sapide pennellate d’autore.
Il singolo trainante – nonché brano di una certa fama in carriera – “Occhi” rappresenta il sound test dell’album nonché il suo minimo comun denominatore ricorrente in più brani. Michelon con il Fender Rhodes in funzione di imprimatur e con il Prophet 5 per la punteggiatura delle fasi cruciali. A ciò si aggiunge l’elettrica di Tansini con l’effetto stoppato “palm mute” per la fase ritmica che si completa sulle solide fondamenta approntate dal basso di Renato Cantele e dalla batteria di Lele Melotti.
Un arrangiamento esemplare che riveste di un’atmosfera di grande impatto la bellissima scrittura melodica del brano grazie a un uso accorto e intelligente delle prime spigolosità digitali codificate nei sintetizzatori del periodo (il Prophet 5, autentico rack di effetti sonori ora vintage ora più moderni e tendenti - seppure con elegante misura - a quel sound anni’80 divenuto via via, con gli ulteriori spin della tecnologia nei successivi strumenti, irrimediabilmente obsoleto).
Il brano è una prima ideale sintesi del percorso artistico di Delia, certo la più importante sotto il profilo dell’esposizione mediatica. Linea calda e pastosa nella strofa, armonie a irradiazione nei cori, il singolare e sublime vibrato della nostra, dolce e flessuoso come nessun altro nell’appoggiarsi alle vocali e un epilogo con variazione ad ascesa repentina prima del rilascio docile di chiusura. Un autentico pezzo di bravura, memorabile e sottovalutato negli anni.
Legata a doppio filo al popolare singolo è “Anni di Pioggia” che ne mutua il ceppo sonoro per cadenza, impatto ed espressività, qui più energica, radiosa e risolta da un delizioso solo finale di Tansini ad una elettrica dolce e liquida. “Per Restare Qui” spezza il mood dell’album con un bellissimo e riflessivo acquarello di mezza stagione firmato da Red Canzian che imprime di vena malinconica il tutto sottolineando con il fretless il piano di Michelon e i larghi vocali di Delia.
Nel corso dell’ascolto ci si imbatte in due episodi piacevoli ma minori se confrontati al resto del lavoro. Ecco il pop-gospel breve e sfizioso di “Figlia di un Minuto” e la confidenziale “Lei non abita più qui”, tipico andante facchinettiano dal battito rettilineo, mentre in “Lasciatemi la Voce” su una distesa di lussureggianti sintetizzatori portati dalla bella atmosfera sospesa e liquida del piano acustico (qui suonato da Tansini), si snoda la vocalità raggiante della protagonista sino allo spunto solista finale di Michelon che risolve con grande senso musicale su agili risoluzioni fusion.
“Fuoco” è la grande imbucata rock del duo di autori-arrangiatori. Tastiere che tracciano successioni di accordi a bruciapelo, intrigante variazione di strofa con un ribattuto di synth che echeggia Toto e Jefferson Starship e, su tutti, l’irresistibile mordente vocale della Gualtiero.
E mentre Tansini regala la sua pagina più ariosa e accorata con una “Donne al Tramonto” dove il disegno melodico puro di Delia gioca con i cori riverberati di Ron e il catartico solo finale di Dodi Battaglia, è dalla penna di Michelon – condivisa dalla nostra – che scaturisce il vertice creativo dell’album. “Fino a Domani” è un intreccio di spunti melodici senza soluzione di continuità armonizzati da quella che è un’autentica lezione di maestria e pathos vocale dell’artista vicentina.
La pennellata d’autore impressa da Michelon, unita alla narrazione maestosa dal sax di Lucio Dalla e all’uso drammatico e incisivo della cadenza basata su una figurazione di due accordi di Rhodes con l’effetto amplificato del sustain, saldano il brano in questione al bellissimo contributo offerto da Ron in chiusura del disco – “Passo dopo Passo” dove Delia si misura in una interpretazione densa di lirismo e di lucida visione.
Si chiude così con vena malinconica ma appassionata questo debutto all’insegna dell’eleganza e di uno spessore artistico vitale e non relegato ad un uso smaliziato della forma come puro vezzo. Un’aurora imprevista di talento, respiro e cuore.
Delia Gualtiero
Delia Gualtiero
Canciones:
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1)
Occhi (Marco Tansini - Diego Michelon - Delia Gualtiero)
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2)
Per restare qui (Red Canzian - Ambrogio Lo Giudice)
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3)
Fino a domani (Diego Michelon - Delia Gualtiero - Ambrogio Lo Giudice)
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4)
Lasciatemi la voce (Marco Tansini - Ambrogio Lo Giudice)
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5)
Figlia di un minuto (Diego Michelon - Delia Gualtiero - Ambrogio Lo Giudice)
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6)
Fuoco (Marco Tansini - Diego Michelon - Ambrogio Lo Giudice)
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7)
Donne al tramonto (Marco Tansini - Ambrogio Lo Giudice)
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8)
Lei non abita più qui (Valerio Negrini - Roby Facchinetti)
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9)
Passo dopo passo (Rosalino Cellamare - Ambrogio Lo Giudice)
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10)
Anni di pioggia (Marco Tansini - Diego Michelon - Ambrogio Lo Giudice - Ambrogio Lo Giudice)