Durkovic e i fantasisti del metrò
Benvenuti santi musicisti
Benvenuti santi musicisti: un titolo che racchiude tutto…
Sul retro di questo disco è riportata questa considerazione: “Benvenuti santi musicisti”… così venivano accolti i musicisti Tzigani quando si apprestavano ad allietare i matrimoni in Romania (ben diverso dall’irriverente saluto sussurrato al termine della festosa cerimonia mentre se ne andavano)… “Maledetti zingari!”.
Penso però, che una volta ascoltato questo ottimo disco, nessuno abbia più il coraggio neppure lontanamente di pensare in questi termini, perché è il linguaggio universale della musica ad abbattere ogni barriera, a far sì che le emozioni vere possano circolare liberamente posandosi di cuore in cuore.
Se vi abbandonate all’ascolto di “Benvenuti santi musicisti” non potrete certo resistere al fascino delle vertiginose danze gitane, alla struggente malinconia di alcune melodie, alla tradizionalità cantautorale italiana di cui è impregnato, tutto questo però dopo un intro recitata, una grottesca presentazione dell’intero progetto passando per Dracula e una danzatrice del ventre.
Con “Fantasie orientala”, brano strumentale di Ion Mitica Bosnea, si è già sobbalzati dalla Transilvania al lontano Bosforo, cymbalon e clarinetto costruiscono arditi intrecci melodici che sanno di spezie e di incensi, un pezzo trascinante e ammaliante.
“Matrioske”, altro brano strumentale aperto dalla fisarmonica, suscita invece immagini di tundra e di licheni, di fuochi accesi nella gelida steppa per riscaldarsi e resistere alla morsa del ghiaccio, ci sono fuoco e danza, impeto e malinconia.
“Soffio” con le nacchere ed il suo danzar lento come una rumba ci riporta musicalmente verso sud-ovest, verso la penisola iberica, il testo di Durkovic parla però di “Venezia donna dolce e bellissima / ti sfioro appena e me ne vado via / Venezia donna dolce e bellissima / con mille sogni da immaginare / un viaggio soffiato qui / amore lento / e sguardi sussurrati / in punta di desiderio / tra realtà e alchimia / del sorriso mai nato / di Piazza San Marco”.
Non c’è tempo per fermarsi, si riparte con il frenetico “Il mago dei colori” caleidoscopico brano strumentale in cui si mescolano, si sovrappongono, si alternano gli strumenti in un’orgia sonora creando un’atmosfera sospesa tra circo e magia.
Uno suadente clarinetto, quasi fosse il richiamo di un lontano muezin, introduce “Fantasisti del Metrò” il cui testo è dedicato a coloro che, suonando, cercano di sconfiggere il grigiore della vita passata di vagone in vagone, sono coloro che “come venditori di sogni viaggiavamo in una spiaggia infinita / ad un tratto due occhi di menta un corpo da tango argentino m’han stregato / spalmando del bergamotto a Tahiti mi sono contagiato / ah quel fuoco maledetto / che inizia con l’amplesso poi più avanti si chiama affetto / che ti trasforma da pirata in una mummia imbalsamata / al telefono vincolato / e ti fa dire tito o tata ciao mi sono innamorato / il mio viaggio è terminato”.
“Ida y vuela” ci conduce per mano a ritmi ispanici in cui sembra di veder volteggiare nell’aria gonne di donne voluttuose, brano sicuramente trascinante.
Con “Indaco e sabbia” si torna a ritmi balcanici intrisi di desideri di danze e di amore, ma ci sono anche a tratti sentori di Spagna. Poetico il testo “profuma di indicibile quell’orizzonte basso / così hanno nell’aria a filo tra i denti un sorso d’avorio / tra vele spiegate nel tempo che accende il futuro / ritorno al presente fra stelle a pungere”.
Uno zigzagante ed inebriante violino ci catapulta in “Suita Instrumentala”, virtuosistico brano strumentale, firmato da Bosnea in cui possono dar libero sfogo anche cymbalon, clarinetto e chitarre.
Più jazzata è l’introduzione clarinetto e chitarra di “Fantasia”, ottimo brano scritto da Roberto Durkovic, di solido impianto cantautoriale, un immaginario viaggio tra ricordi del passato, amori, fantasia, ma anche realtà “Giro per le strade tra indovini / cartomanti e burattini / cerco l’uomo delle tre carte / fantasista attore / Lo porterò / nella casa del Cavaliere / per vedere chi dei due / è il migliore nel mestiere”. C’è posto anche per una fugace imitazione della voce di Guccini.
Celeberrimo l’autore del successivo “Preludio II BWV 847”, peccato non ci sia più per complimentarci con lui, validissima l’esecuzione tutta chitarre.
Uno suadente violino ed una commovente fisarmonica con la voce e le parole di Durkovic, fanno di “Scintille” uno splendido brano, di quelli da ascoltare, quando fuori piove, quando ci si sente giù, quando è possibile ascoltare cantare così “e noi musicisti non dormiamo / anche se non c’è luce né profumo / e noi musicisti non dormiamo / perché la vita va verso l’alto / perché se il cielo non inganna / sta nel tamburellare di cera e pioggia / lo spirito del tempo / che non affanna / perché se il cielo è un diaframma / il fiato regge a stento lo sfondo / è sempre dal caos di perle e fiamme che nascono scintille di vita / danzanti”.
E’ ancora di Durkovic il successivo “Intreccio zigano”, in cui troviamo tradizione e sonorità ispaniche dosate con cura, il tutto a farne un piacevolissimo brano, direi solare.
E’ puramente strumentale il successivo brano “Hora si sirba teganeasca”, scritto da quello che è forse il più importante suonatore di cymbalon a livello europeo e cioè Marian Serbian, è come si trattasse di un virtuosistico affresco in cui il musicista-pittore sfruttasse al meglio tutto quanto si ritrova sulla propria tavolozza e il risultato è stupefacente.
Gitano, indiavolato e da far alzar le gambe in vertiginose danze, tra vapori di vodka e femminile allegria, è il brano “Praga” in cui sembra di rivedere scene come quelle di “Gatto nero, gatto bianco” di Kusturica, difficile restare indifferenti è come essere presi per un braccio e trascinati nella mischia.
Ancora strumentale è “Shira”, flamenco sognante, lento e maestoso all’inizio, poi più rapido e serrato, ma comunque sempre controllato, quasi a far da contrasto con il debordante brano di prima.
Chiudono il disco due cover coi fiocchi, un omaggio sentito al milanese Walter Valdi con la sua famosa “Ma poi” e il ripescaggio di un brano che appartiene, di fatto, alla storia della musica italiana anche se forse ormai dimenticato come “A me mi piace vivere alla grande” di Fanigliulo.
Che dire di più di questo disco, il tutto è suonato in maniera splendida da quei fantasisti del metrò che ancor oggi, troppo spesso, sentiamo etichettare come “Maledetti zingari”…
Un appunto negativo a questo disco voglio comunque farlo, è davvero un peccato che un disco così ben scritto e suonato, sia corredato di un libretto di soli due fogli con striminzite note sui crediti, troppo poco per apprezzare al meglio i poetici testi di Durkovic e ancor meno per saper qualcosa di più di questi fantastici fantasisti del metrò che rischiano così di restare solo… fantasmi del metrò.
Durkovic e i fantasisti del metrò
Benvenuti santi musicisti
Traks:
- 1) Il conte Dracula e la danzatrice del ventre
- 2) Fantasie orientala
- 3) Matrioske
- 4) Soffio
- 5) Il mago dei colori
- 6) Fantasisti del metro’
- 7) Ida y vuela
- 8) Indaco e sabbia
- 9) Suita instrumentala
- 10) Fantasia
- 11) Preludio II BWV 847
- 12) Scintille
- 13) Intreccio tzigano
- 14) Hora si sirba tiganeasca
- 15) Praga
- 16) Shira
- 17) Ma poi
- 18) A me mi piace vivere alla grande
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Roberto Durkovic: voce e chitarraIon Mitica Bosnea: clarinetto
Massimiliano Alloisio: chitarra
Dumitru Adrian: chitarra
Marian Serbian: cymbalon
Nino Ballerini: chitarra
Florian Albert Mihai: fisarmonica