SYNTHESIS ACTION A40 VIRTUS: IL VALVOLARE CHE NON TI ASPETTI

Pubblicato il 02/08/2019 - Last updated: 15/07/2019

Topic: Riproduzione audio hi-fi

Avevo concluso la recensione del Sytntesis ROMA 510AC dicendo che l'Action A40 Virtus mi guardava suadente e con estremo desiderio di essere acceso. Diciamo che alla fin fine sono anche stato contento di soddisfare la sua richiesta perchè se il ROMA 510AC lo avevo ben considerato, L'A40 Virtus mi è proprio piaciuto.

L’IMPIANTO

Sorgente digitale per musica liquida: PC assemblato Windows 10 (Foobar2000).

DAC:TEAC UD-503

Diffusori: Audio Nirvana Classc 15 Ferrite con cabinet 13.6 modificato, Marlene, LMH 0.1, Ars Aures F1 Monitor.

Cavi: autocostruiti

Ciabatta: Ladysound Multipresa 6.

DESCRIZIONE

Lo dichiaro subito: il Sinthesys Action A40 Virtus costa 5270€ a listino. In pratica è il classico costo che divide: c'è chi asserirà che costa troppo e chi invece sosterrà il contratio. Guardandolo dal punto di vista dello stipendio medio italiano tuttavia si può dire che in pratica sono 5 stipendi. Insomma è necessario uscire da quel finto mercato del lusso hi-fi e guardare il mondo per quello che è: all'Action A40 Virtus è possibile accedere risparminado, ed il fatto che debba ben suonare è imperativo. Qualora non garbassero le KT66 è possibile scegliere l'Action A50 Taurus, che costa appena 260€ in più, ma che differisce per il fatto di montare delle KT88. L'Action A100 Titan, monta anch'esso le KT66, e come vedrete dalle foto è un A40 raddoppiato, ma costa 6470€, ovvero 1200€ in più.

Questa spataffiata sui costi non è da intendere come una lamentela, ma è scritta per sottolineare che un buon suono valvolare ha dei costi e come i costi impongano all'azienda di proporre buoni prodotti ed al recensore di divenire sempre meno accontentabile.

Ordunque entriamo nel vivo della descrizione di questo Action A40 Virtus. L'amplificatore è di tipologia "integrato", ma mi preme sottolineare come l'idea di base sia sviluppata attorno ad una progettazione totalmente dual mono. Questo permette una migliore separazione e gestione dei canali a tutto vantaggio dell'immagine stereofonica. Gli ingressi si suddividono in analogici sbilanciati e digitali (coassiale e USB Type B). Gli analogici prevedono un selettore dell'ingresso digitalmente controlato, in modo tale da poter isolare e disattivare gli ingressi non utilizzati. Gli ingressi digitali prevedono da subito la circuiteria dual mono usando due Wolfson WM8740; non che gli ingressi analogici non si sviluppino anch'essi in modo dual mono, ma semplicemente i cavi seguono due percorsi separati e speculari tra loro, mostrando la cura che Synthesis ha posto anche in questi dettagli.

La preamplificazione è basata su valvole 12AX7EH e 12BH7AEH. Volendo si può scegliere di usare solo questo stadio, sviluppato anch'esso in dual mono, ed usare l'A40 Virtus come preamplificatore, personalmente lo vedo un po' come uno spreco, dato che se prendo un amplificatore mi piace usarlo come tale, ma negli ascolti possiamo notare come ciò sia interessante al fine di sviluppare un secondo impianto o un secondo stile di amplificazione. Purtroppo una nota negativa arriva dal fatto che per usare l'Action A40 Virtus come preamplificatore è necessario scollegare i diffusori, che altrimenti continueranno a suonare, dato che lo stadio di potenza non è eludibile; certo si tratta solo di un fatto inerente la comodità, ma è assolutamente da tener presente.

L'amplificazione vera e propria è invece demandata a 2 KT66 Genalex Gold Lion per canale; anche questa sezione è dual mono ed è sviluppata attorno ad una configurazione Ultra Linear.

Scoperchiando l'amplificatore si rende evidente anche un dettaglio non secondario di questa sezione: essa è esattamente la metà dell'Action A100 Titan, la board è infatti pronta ad accogliere altre 4 KT66.

I trasformatori di uscita sono allocati nella parte posteriore, ma anch'essi sono disposti seguendo il design dual mono. Tra di loro invece si trova il trasformatore di alimentazione ed il circuito di alimentazione: unica parte non dual mono, presenta comuque una pari cura costruttiva.

Per concludere, sempre scrivendo dell'alimentazione si può notare un circuito di soft start, utile ad evitare il bump all'accensione dell'amplificatoere, insomma costruttivamente parlando si è in una botte di ferro.

ASCOLTO

Sin dai primi ascolti mi si è palesato un fatto innegabile: l'Action A40 Virtus ha ben pochi compromessi.

Il basso è presente, profondo, chiaro ed articolato. I medi sono ben riprodotti e posizionati. Gli alti un pelo attenuati, ma sempre precisi e ben interpretati.

Il carattere delle KT66 c'è (per fortuna) il suono è amalgamato e rotondo, ma senza perdere di precisione e dettaglio. Quest'ultimo pervade tutte le frequenze e non si colloca in una parte precisa dello spettro acustico.

La scena è l'unico punto dove si potrebbero trovare delle imperfezioni: il Virtus ha un'ottima profondità e un'ampia riproduzione orizzontale, ma l'estensione verticale è più incerta, anche se ad onor del vero è solamente con le riproduzioni d'organo che questo si rende chiaro all'udito. Questo parametro però è abbastanza complesso da riassumere, perchè usando la sola parte di preamplificazione era altrettanto ben udibile che le stesse riproduzioni d'organo recuperavano in altezza e sensazione di pervasione della chiesa.

Tuttavia quando parlo o scrivo di questo amplificatore, tendo a dimenticarmi la sezione di DAC, infatti il resto suona tanto bene che quasi mi viene da pensare che il DAC sia lì quasi per caso. Sebbene nelle intenzioni sia anch'esso surato, questo suona in modo tale che ho deciso di cambiare sorgente poco dopo averlo iniziato ad usare; forse troppo piccolo nelle dimensioni, forse troppo poco curato a livello di DAC, ma il mio consiglio è di non usarlo se non per sopperire ad una momentanea mancanza di un DAC.

Nonostante gli album usati siano stati in quantità notevole mi piace citare quelli che nel momento finale hanno permesso di tirare le fila di questa recensione.

Vision, Stratovarius, 1992. Ancora una volta vi parlo di quei finnici che ritengo essere l'apice del Power Metal; in questo caso la scelta non è dettata dal caso, ma dal fatto che il 22 ottobre ero presente al loro concerto. L'album non ha molto a che fare col concerto, nonostante il fatto che il live fosse interamente centrato su Vision. Della formazione presente nel 1992 sono rimasti solo Timo e Jens, ma allora perchè scegliere proprio questo album? Il fatto è molto semplice: doveva suonare diverso, non solo perche Timo Kotipelto al tempo aveva qualche anno in meno, ma anche perchè la chitarra era la ESB di Timo Tolkki e non la Roukangas di Kupiainen, al basso non c'era Lauri Porra, bensì il tecnicissimo e fredderrimo Jari Kainulainen; ed infine alla batteria c'era ancora Jörg Michael che sarebbe stato sostituito da Rolf Pilve solo molto tempo dopo. Insomma l'album è un qualcosa totalmente legato al passato della band, dotato di sonorità oggi non più presenti, ma chiaramente udibili nell'incisione. Inoltre rimane anche ciò che non è inciso, ma che chi conosce la band e capisce il Power Metal sa bene: Kotipelto riesce ad essere teatrale anche nell'album. Quando c'è tutto questo, che è anche puro coinvolgimento l'impianto suona e non si limita a riprodurre. Interpreta e fa capire che dietro a quello che molti confondono con un semplice genere musicale è in realtà una cultura.

Yes, 90125, 1983. Di certo un album difficile da digerire: con esso gli Yes compiono una decisa virata volta a fondere assieme il Rock ed il Pop. Un album strano anche perchè gli Yes si erano sciolti poco prima e nessuno di loro avrebbe mai pensato di ritrovarsi appena un anno dopo col solo cambio di chitarrista, per un progetto totalmente nuovo e senza cambiare nome; la nuova band infatti stava per chiamarsi Cinema, ma dopo la strana reunion sembrava impossibile non chiamarsi Yes. L'album apre con la canzone ad oggi più famosa del gruppo: Owner of a Lonely Heart, l'unico loro brano ad aver raggiunto la prima posizione nelle classifiche statunitensi.

Benny Goodman, The Benny Goodman Story, 2011. È un cofanetto interessante: ripercorre in soli tre CD la carriera musicale di Benny Goodman ed è certamente consigliato per far scoprire il Jazz e lo Swing a chi non conosce il genere se non per sentito dire. Esempio indimenticabile di gaiezza e spensieratezza statunitense è capace di coinvolgere e di far riscoprire le basi di un genere oggi forse più maltrattato del Rock e del Metal, grazie ad alcuni manipoli di fintovirtuosi che per il solo fatto di ascoltare Jazz si atteggiano come elites.

Tchaikowsky, Concerto for Violin and Orchestra D major Op.35, 2010. Mi sembra di aver già scritto di questo concertro, ma repetita iuvant, soprattutto quando mi permetto di lanciare l'ennesima frecciatina verso coloro che considerano la Classica l'unica forma di musica esistente. Insomma sembra un nonsenso: un metallaro che viene guardato male alle fiere Hi-Fi è capace di ascoltare, apprezzare e vivere la musica Classica ed i "massimi esperti (autoproclamatosi tali) di Hi-Fi e Musica" non riescono ad avere il coraggio di scoprire qualcosa che vada oltre i propri confini? Non serve possedere cultura musicale per apprezzare l'Op.35. Basta un poco di sana curiosità, che a detta di un mio conoscente cultore di Jazz è il secondo motore dell'umanità. A commento riporto le parole dello stesso autore che nel 1881 riportava lo scritto di un celebre critico musicale del tempo: «Per caso, nella sala di lettura dell'hotel, mi è capitata in mano una copia del quotidiano "Neue Freie Presse", dove Hanslick tiene la sua rubrica musicale. A proposito del mio Concerto per violino, scrive che, in generale, per quanto conosca le mie opere, esse si distinguono per la loro incoerenza, completa mancanza di gusto, rozzezza e barbarie. Per ciò che riguarda il Concerto per violino il suo inizio non è male, ma più si va avanti, peggio è. Alla fine del primo movimento, egli sostiene, il violino non suona, bensì raglia, stride, ruggisce. Anche l'Andante inizia felicemente, ma ben presto si trasforma nella descrizione di una qualche festa russa selvaggia dove sono tutti ubriachi e hanno volti triviali, disgustosi. "Ascoltando la musica di Čajkovskij mi è venuto in mente che esiste musica puzzolente (stinkende Musik)". È vero che è una critica curiosa?» Nonostante la stroncatura il successo fu notevole. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Gli altri si offendano pure.

Per concludere torniamo all'esperienza d'uso dell'Action A40 Virtus: nel tempo l'ho affiancato anche a diffusori che scendono anche a 2Ω, sebbene sia riuscito a suonare e divertire di certo il basso non era più così ottimale, anzi denotava un poco di affaticamento. Di certo carichi tanto bassi non sono consigliabili, ma l'aver tenuto anche in questa situazione è certamente un punto d'onore.

TEST

Personalmente a scrivere questa parte ho una sensazione di déjà vu...

Come notiamo una certa linearità in risposta in frequenza è raggiunta dai circa 70Hz in poi. Ad un misurone basterebbe ciò per scartare l'A40 Virtus, eppure il basso non è carente, magari possiamo descriverlo come morbido, ma carente proprio no e ciò è imposto dalle orecchie. Insomma bisognerebbe capire in poche righe le motivazioni che portano a due conclusioni diametricalmente opposte. Credo che la risposta stia nelle registrazioni: i TEST non le prendono in considerazione, valutano soltanto un comportamento tipico, non sanno come vengono registrate le tracce, non sanno quali microfoni sono stati usati, non sanno praticamente nulla. Tutta questa scienza va aggiunta dall'uomo con la sua curiosità e le sue emozioni, che non saranno mai misurabili.

Gli altri parametri: THD, risposta all'impulso e linearità di fase al termine della catena (mi son rotto le scatole di parlare della fase di ogni songolo componente, quello che conta è quello che esce dall'amalgama dell'impianto); sono di prim'ordine e dimostrano la cura progettuale usata.

CONCLUSIONI

Ed ora si tratta di ridurre tutto in poche righe... A dispetto dei malpensanti il Sinthesys Action A40 Virtus è un amplificatore che ho ben apprezzato. Non ha un costo basso, ma sono abbastanza convinto che chi volesse un valvolare potrebbe, tranquillamente risparmiare quanto basta per prenderlo dat oche è un amplificatore che non scende a troppi compromessi. L'A40 Virtus è ben implementato e dotato infatti di sonorità capaci di adattarsi ad ogni genere senza creare affaticamenti o noia; non credo si possa pretendere più di questo.

Photography by Marco Maria Maurilio Bicelli
Photography by Marco Maria Maurilio Bicelli
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