Mi avvio silenziosamente durante una bella serata di giugno all'interno di una coreografia magica e floreale quale il parco Villa Serra di Comago - Manesseno (GE), dove tra pochi minuti si esibiranno in successione i gruppi di supporto Io? Drama e i Perturbazione.
La mia passeggiata si prospetta lunga e riflessiva ... Rimango in attesa della mainband di questa sera: i "Baustelle".
Certo ascoltare e vivere un concerto in un ambiente "naturale" e fiabesco non fa che rendere ancora più epico il contenuto di una performance musicale... Difficile non percepire il principio per assoluto innescato dalla miscela sensoriale che coinvolge tutti i sensi!
Arrivo sotto il palco che il primo gruppo è già a metà dell'opera: sudato, energico e incalzante. Facile percepire tra le note volanti e le pose del cantante, qualcosa di acerbo, ma elettrizzante... giovane, ma non scontato...
L'uso del violino all'interno di sonorità punk-noise e post-punk danno quel tocco d'imprevedibilità e sobrietà alle varie tracce musicali messe in scena dal gruppo milanese. Inutile ricordare i tanti maestri riconoscibili tra i solchi tracciati dalle loro strumentazioni:
sono giovani quanto basta ... Troveranno la loro strada! Un percorso abbozzato, confuso, ma dal respiro per niente affannoso. E ancora... Testi ancora da selezionare, ma già di personalità ... sonorità da limare, ma dignitosamente copiate senza manie di plagio tediose...
Insomma band da rivedere in futuro nell'attesa di una potenziale crescita.
Tempo di rifiatare e prendere una birra al bar e subito sotto con la seconda band in scaletta: i torinesi "Perturbazione"...
Anche qui l'uso di un violoncello all'interno del sound introduce sin dall'inizio una vocazione acustica e melodica del gruppo che ritrova però ispirazione in una coerente formazione stilistica. Infatti se nel caso dei Io? Drama l'uso del violino era nel segno della rottura degli schemi e della omologabilità, qui troviamo degli arpeggi in sintonia con l'anima smithsiana di questi torinesi di Rivoli. Non mancano, a dire il vero, gesti o parentesi più o meno sguaiate e scorbutiche (se rapportate all’imprinting dominante della band), soprattutto legate agli ultimi capitoli della loro produzione.
Con il passare dei minuti, più ci si estranea dai testi peraltro coraggiosi e solo apparentemente retorici, e più riemergono dagli arrangiamenti, delle pennellate estetizzanti nel perfetto stile della band mancuniana.
Sapiente tessitura in omaggio alla sensibilità raffinata della coppia Marr, Morrissey.
Si finisce così per essere distratti da questo "pesante" citazionismo d'autore che comunque affonda, da lì a poco, in tutta la scena britannica anni '90 e che toglie in parte il giusto merito a liriche vuoi ironiche, vuoi velatamente malinconiche, ma pur sempre al di sopra della mediocrità diffusa dal mainstream sfacciatamente commerciale e aggressivo di questi tempi.
Alla fine arriva il momento più atteso dal pubblico: l'ingresso sul palco dei Baustelle.
Lui (Francesco Bianconi) come sempre vestito con giacca e camicia, elegante, ma intellettualmente casual... Lei (Rachele Bastreghi) con un bel vestito nero charme sopra le ginocchia, spezzato da uno stivale pseudo - militare... L'altro (Claudio Brasini) sulla scia di Bianconi con uno stile vintage, ma non esageratamente barocco... In breve l'essenza del gruppo in un solo sguardo!
Si inizia subito con una doppietta ad effetto " Gli spietati" e "Le rane" carica, ad effetto, con la gente che non vede l'ora di stapparsi come una bottiglia di champagne...
Poche le parole di Bianconi ad intervallare l'esecuzione della scaletta in programma, ma con il pregio di non essere né mai di troppo, né mai sparate nella versione "predica dal pulpito", cliché ormai desueto per ogni band che rifugge dall'essere pacchiana...
Il carisma discreto di Francesco è coerente con l'immagine "maledetta", ma non "artistoide" della band, la bellezza rassicurante e non sfrontata di Rachele da quel tocco di vera e piacevole femminilità alla scenografia un po' Pink Floydiana e psicotica dettata dall'uso ipercinetico di fasci di luce colorate...
Il pubblico comincia a scaldarsi per poi esplodere alle prime note di "La guerra è finita", canzone molto nota al pubblico grazie anche al videoclip girato nel centro storico genovese, uno dei luoghi di riferimento più amati dalla scena indie locale.
... Ma le vere armi in mano ai Baustelle per "finire la guerra" e toccare i punti più alti di pathos dell'intero concerto, devono ancora essere lasciate librare nel cielo: "La canzone del parco", "la bambolina" e "il sottoscritto" riportano la mente di ogni spettatore ad un rapporto confessionale tra il proprio io e le emozioni più inconsce e personali. Arrangiamenti curati, liriche simboliche a volte ermetiche, riff misuratamente rotondi e ondeggianti nell'ultimo caso, robotici e dannatamente lineari nel primo caso ( dove è riconoscibile l'impostazione new-wave del primo disco), incalzante dai richiami alle musiche di Ennio Morricone nel secondo. In particolare nella canzone "Il sottoscritto" l'autore ci regala delle figure retoriche capaci di destare ferite aperte negli affetti presenti o passati di ognuno di noi, con la delicatezza fatale, ma consolatrice di una carezza sul viso...
Partendo dal presupposto che la carriera musicale dei Baustelle è costellata da alcuni lavori di pregevole fattura non deve essere stato difficile per Bianconi e soci, mettere giù una scaletta scoppiettante per poco più di due ore di concerto. Non a caso è un continuo alternarsi di tanti piccoli capolavori:
la irriverente e ironicamente tagliente "La canzone della rivoluzione" fa finalmente urlare di gioia rabbiosa il pubblico più fedele ... e lo stesso Bianconi introduce il pezzo facendo leva sull'uso rockettaro della chitarra elettrica.
Una cascata d’imprecazioni, sottoforma di riflessioni da incastrare in modo apparentemente confuso come nel miglior verso di Rimbaud! "La canzone della rivoluzione" accende in modo lucido e acuto una serie di lampadine nella testa dello spettatore più attento...
Non manca per i più esigenti l'esecuzione de "Il corvo Joe" durante il bis... Intrinsecamente oscura, tutto si sviluppa con una rappresentazione, con un gioco sacrilego, canzone semplicemente perfetta.
Si arriva così alla fine con un paio di duetti con Tommaso Cerasuolo dei "Perturbazione" e l'immancabile buona notte che manda tutti ... a dormire!