Complimenti per la festa, una festa del … Eh sì con i Marlene Kuntz sono banditi i convenevoli anche perché la band di Cuneo dà il meglio di se quando si esprime nei suoi live in maniera schietta e diretta. Non dico che Cristiano Godano non sia affetto dalla sindrome del più famoso personaggio partorito dalla penna di Oscar Wilde (Dorian Gray), ma alla fine anche le sue pose e il suo autocompiacimento s’integrano perfettamente con lo spettacolo. Questa è la festa di Catartica un tour che celebra il loro album di debutto del lontano 13 maggio 1994. Sembra ieri e sono passati più di vent’anni. E questo lo noti soprattutto specchiandoti negli occhi e nei visi del pubblico invecchiato con loro e che canta a memoria tutti i testi della scaletta. Invecchiato bene, s’intende, ma il tempo passa per tutti. I giovani ci sono (certo qualche pioniere dell’ultima ora), ma la stragrande maggioranza sono persone che molto probabilmente avevano condiviso il palco di vent’anni or sono. Il pubblico è qui per questo, è evidente, per ascoltare proprio quell’album, per ricalcare un periodo d’oro dell’indie italiano e probabilmente della rispettiva prima giovinezza. Certo un’operazione che ai più potrebbe risultare un filino nostalgica, ma alla fine è chiaro a tutti che Catartica fin dalle prime note risulta ancora fresco e vivo come allora. Forse mi si fa notare che a distanza di tanto tempo i testi risultino oggi un pochino pretenziosi. Una poetica che nello spazio di poche righe passa dall’essere troppo manierista, all’essere fin troppo grezza e banale. Ma in fondo Cristiano Godano è così: prendere o lasciare. Sembra ai più artificioso (e fa di tutto per sembrarlo); ma sono quasi certo nel mio intendimento che questa sia la sua vera vocazione, per dirla in maniera semplice, quello che gli riesce meglio: studiare una parte e recitarla con puntigliosa pignoleria fino al limite della sublimazione. Del resto, come ho già avuto modi di affermare e ripetermi, non è condizione imprescindibile, quindi né necessaria, né sufficiente essere veri nel rock. Ma soprattutto cosa vuol dire essere veri? Carmelo Bene parlava di opere d’arti e non di autori, perché da questi slegate dopo essere partorite. Nessuno è autore di alcunché.
In compenso Godano ieri sera è sembrato quel giusto mix tra sudore e cortesia che non gli riconoscevo, e due passi avanti in termini vocali rispetto a quello che mi ricordavo. La presenza scenica, istrionica non gli è mai mancata. Se poi contestualizziamo questa sua virtù e la mettiamo in relazione all’immobilismo teatrale di Riccardo Tesio, ecco lì che la sua performance è sembrata ancor più esplosiva e accattivante. Rimango dell’idea che quelle liriche a volte così dirette come in MK o Festa mesta acquistino maggiore spessore (o valore che dir si voglia) se urlate e accompagnate a mille all’ora da chitarre distorte. Loro stesse diventano i veri vettori direzionali e le vere “cantanti”. Coprono le parole, eccezion fatta per il ritornello d’impatto e di facile memorizzazione, ma fanno della canzone tutto quello che uno si aspetta da un fare rabbioso: un oggetto di offesa personale.
E’ bene altresì rimarcare che basta soffermarsi su un qualsiasi fraseggio di cantato tra band e pubblico per subodorare quella che sarebbe stata l’evoluzione di Cristiano Godano in termini di scrittura: “Orso si sposta goffamente con passo regolare …” in Sonica, piuttosto che “Non dovrebbe essere impossibile usare le forbici, quando è proprio così che si vuole …”in Mala mela. Insomma una lirica che man mano ha acquisito sempre più complessità ed ermeticità a metà tra il nonsense e il simbolismo più articolato.
Altro punto controverso: benché esca sempre fuori ciclicamente la storia dei Marlene Kuntz quale sorta di band italiana fotocopia dei Sonic Youth (cosa tra l’altro mai rinnegata e anzi citata dagli stessi Kuntz in termini d’influenze musicali e artistiche) Godano e soci danno il meglio di sé proprio quando accelerano i ritmi e fanno “cantare” le chitarre. Sarà la dimensione live, sarà che ci sarà una sorta di conservatorismo nostalgico da parte dei fans, ma per il sottoscritto la verità è molto più banale: ai Marlene Kuntz riesce tecnicamente meglio il rock rispetto al pop. E ieri sera a Genova per il sottoscritto è stato abbastanza evidente. Per i Marlene stare sotto ritmo è una condanna morte. Mentre sono dei fuoriclasse della canzone asimmetrica e della destrutturazione, diventano comuni mortali quando si cimentano con la loro attitudine geometrica e melodica. Tutto appare per quello che è (e a volte non è un bel sentire) ma soprattutto anche le tracce più argute di Catartica in forma di ballate o lenti (vedi Nuotando nell’aria, Lieve e Trasudamerica), hanno avuto bisogno di contaminazioni e di “sporcarsi” per diventare dei veri preziosi. La vera melodia che sgorga spontanea dal loro DNA è quella delle distorsioni, dei riff di chitarra tirati e lungamente sostenuti in maniera tediosa. Proprio l’insegnamento che ci hanno dato i Sonic Youth e che loro pioneristicamente avevano raccolto con immediatezza e facilità di espressione nei primi anni novanta.
Lo si evince dalla seconda parte del concerto che ha riproposto in ordine sparso alcuni brani della loro intera carriera soffermandosi in particolare sulla produzione anni duemila. Un tentativo di mostrare tutti i cambiamenti di pelle di una band ormai ultra ventennale che ha affermato più volte nella loro storia di dover cambiare per rimanere viva. Comunque la si pensi gli applausi non sono mancati e nemmeno i conclusivi rituali tipici di una rock-noise band con tutti gli archetipi sviolinati per l’occasione (dall’interminabili assoli a quattro e anche sei mani, alle chitarre sfregate sugli amplificatori per creare quel noiosissimo rumore di ritorno sino ai contorsionismi da chitarra in preda ad uno spasmo del suo leader, per concludere con Cristiano stesso in piedi sulla batteria di Luca Bergia). Ne esce un immagine che alla fine accontenta tutti, sia per chi ha rivisto i Marlene ancora capaci oggi nel duemilaquindici di essere abrasivi, sia per chi ha colto l’utilità di una svolta melodica e quasi cantautorale rimasta tale senza presagire un processo irreversibile di trasfigurazione.
Breve nota di merito finale per i NonostanteClizia, band di supporto di Acqui Terme che ha aperto il concerto dei Marlene Kuntz. Bravini davvero, soprattutto essenziali e dal suono compatto. Una virtù di questi tempi.